venerdì 13 marzo 2009

ALTA QUOTA

Racconto di Ernesto

Dove i ricordi non sono bastati, ho fatto ricorso alla fantasia; ho smesso di raccontare quando la fantasia è mancata. In fondo certe storie è meglio viverle.... e basta!
Ernesto


Giustificazione:

Cinque chilometri sono tanti. Se poi si fanno con gli sci da fondo ai piedi, in salita, trascinando penosamente le gambe, in una comica imitazione dell'elegante gesto alternato di chi è tecnicamente preparato, allora diventano troppi. Se ci aggiungiamo i 15 kg di peso in più che abbiamo sulle spalle, meglio sarebbe dire sopra le palle, giusto all'altezza dell'ombelico, plasticamente sagomati a campana, in quel l' ingombrante rotolo di trippa che ormai ci circonda la vita, allora si trasformano in supplizio. Se hai la sfiga di trovare una giornata spendidamente soleggiata ma perversamente ventosa, con raffiche violente e rigorosamente contrarie alla direzione prevista, come se qualche sadica divinità si stesse divertendo a soffiarci contro i suoi respiri, giusto per godere dei nostri affanni, allora quei chilometri diventano un incubo. Cosi, passo dopo passo, il respiro si accorcia, la fame di ossigeno aumenta, la gola brucia, il sapore dolciastro dei capillari rotti ti scivola sulla lingua, la vista si fa meno nitida, i pensieri e le frasi escono dalla mente senza virgole , ma con abbondanza di puntini di sospensione tra una parola e l'altra...

Misfatto:

A dir la verità non avremmo dovuto usare gli sci , ma le ciaspole, termine sentito da me per la prima volta 10 giorni fa, quando qualcuno di noi propose la gita sulla neve. Ma visto che la pattuglia degli impavidi cinquantenni convenuta nella val Ferret, si era ridotta, a forza di defezioni dell'ultima ora, a soli 5 persone, decidemmo tutti insieme di noleggiare quei lunghi strumenti di tortura.
Alle 9,30-10,00 eravamo tutti schierati all'inizio della pista, Lella, Bruno, Giovanni, Massimo ed io, già pregustando il piacere della abboffata di polenta e carbonada, una volta arrivati al rifugio-ristorante, e della consequenziale pennica al sole, sbragati sulle sdraio.
Tre minuti dopo, Lella velocissima, con la sua tecnica di pattinaggio di una naturalezza sconcertante, già si confondeva in fondo alla valle con le ombre degli alberi. E' un piacere vederla sciare. Estetica ed eleganza accompagnate dal sorriso sempre presente sul suo volto.
Bruno ogni cento passi si fermava , rapito dalla visione di un'ombra sulla neve, dal riflesso del sole sull'acqua del torrentello, dalla baita dei sogni sepolta sotto una trapunta bianca: si era portato dietro , infilata nello zaino, la mitica Canon, e le soste erano altrettante serie di scatti.
Massimo ed io arrancavamo dietro, ognuno nella propria corsia di binari, ognuno concentrato nel non cadere.
Si avanzava di un metro, e contemporaneamente le raffiche ci facevano arretrare di due spanne.
Giovanni era combattuto. Almeno io percepii che lo fosse. Avrebbe potuto, probabilmente voluto, tranquillamente pattinare via, visto che la sua tecnica glielo permette.
Invece, molto carinamente, per quei primi tratti, ci accompagnava tranquillo, senza sforzo apparente, affiancandoci nel tragitto.
Con la coda dell'occhio, vedevo Massimo che si muoveva con la grazia e la elasticità di un manichino caricato a molla, con scatti rigidi come fosse un robot , avanzando ora la destra ora la sinistra, impossibilitato, dalla abbondanza del girovita e da un fantomatico dolore al ginocchio, ad armonizzare il gesto.
Io non ero migliore, anzi, essendo più basso, sembravo la controfigura di beppe la talpa , dei fumetti di lupo alberto.
Dopo un'ora di questo dramma, percorsi forse neppure due chilometri, ero già in estasi: il fiato corto mi aveva mandato in iperventilazione, il vento mi aveva congelato le orecchie, gli occhiali appannati non mi permettevano di discernere oltre la punta degli sci, il freddo aveva trasformato la fontina filante del toast della colazione in un blocco compatto che sentivo galleggiava nel mio stomaco.
Non da meno , lo sguardo di Massimo era perso nel vuoto , verso l'alto della valle, cercando speranzoso di riconoscere la sagoma cubica del rifugio-ristorante.
Giovanni, sempre al nostro fianco, tratteneva a stento le risate nel vedere le movenze di questi due esseri, un tempo stimati compagni di banco.
Proprio allora ci accorgemmo che un'ombra minuta , a passi brevi e rallentati, silenziosamente si avvicinava dietro di noi.
Proprio allora le corsie, i binari , piegavano verso sinistra, in una leggera curva.
Proprio allora, Massimo nel tentativo di spostarsi per fare passare quella sagoma che ormai ci aveva raggiunto, cadde di lato. Le gambe allungate sulla pista , come una sbarra di un passaggio a livello, impedivano a questa persona di proseguire. Capii di avere davanti una donna , ma il sole alle sue spalle mi impediva di scorgerne il volto...
Proprio allora la mia mente rattrappita, giusto per fare il brillante, partorì in rapida successione una serie di stronzate, che la mia lingua e il miei polmoni sparsero per la valle, concretizzandole in una delle più grottesche e imbarazzanti conversazioni che io ricordi:
=”Massimooo, attentooo” dissi quasi urlando, ma con intento canzonatorio e volutamente ridanciano – “fai passare la signorina....”; poi rivolto alla donna, che si era fermata a pochi passi, --” lo scusi, sa, lo fa apposta, ci prova in continuazione, fa cosi con tutte “... Vidi Massimo che sogghignava da sdraiato, subendo il fatto di essere stato messo di mezzo.
E lei, rivolgendosi a Massimo: “ si è fatto male?.. vuole che l'aiuti?”.
Poi, in una frazione di secondo, la scena cambiò.
Volgendomi verso di lei, quasi torcendomi all'indietro, riuscii a vederla bene in viso. Mi accorsi con imbarazzo che la signorina in realtà era una attempata signora di almeno 70 anni..!!! Piccolina, magra, ossuta, il viso segnato dall'età. “Abbordata da un idiota........gerontofilo” avrà pensato .
L'imbarazzo si trasformò in panico quando lei continuò, rivolta a tutti noi : “ Sapete oggi è una giornata particolare per me. Mio marito è morto da poco. Venivamo sempre qui , in valle a sciare. Ho portato le sue ceneri, perchè le voglio spargere lungo la pista. Così saremo ancora insieme.”
“ Oh, signora, mi scusi, non volevo fare lo spiritoso in un momento cosi infelice per lei. Mi perdoni, sono stato inopportuno...”
“ non si preoccupi , Lei non poteva saperlo”
Proprio allora la mia mente rattrappita, imperterrita, giusto per rimediare la grama figura di alcuni istanti prima, riuscì a partorire un'altra stronzata colossale.
Come un elefante col morbo di parkinson immerso nelle sabbie mobili, persi l'occasione di non far nulla, glissando il momento.
Cosi, continuando ad affondare: “Ma signora, vede; suo marito E' qui. E' qui con noi!. Vede la, quell' albero? Ecco suo marito è dietro quell'albero, è dentro quegli altri alberi laggiù, è tutto intorno a noi. E ' nei suoi pensieri e nei suoi ricordi !!”
: “ si, forse , ma è crudele; La vita è crudele” e dicendo questo , si rimise in marcia, abbandonandoci un po interdetti, tornando a percorrere, lungo quella pista bianca, il proprio calvario.
Dopo attimi di silenzio, sconsolato, mi rivolsi a Giovanni: “ ........che figura di mmerda...!!!”
Massimo era piegato, scosso dalle risate.
Giovanni mi guardava inebetito, in silenzio, sicuramente pensando: “ma sei scemooo, ma che cazzo ti è venuto in mente di dire ?”
Invece, riuscì a chiedermi, senza sghignazzare, quasi a voler mitigare il mio imbarazzo: “ com' è che era quella cosa degli alberi?”
Abbassai la testa soppraffatto dalla vergogna
Dopo alcuni secondi di assestamento, tutti noi tre rincominciammo a faticare in salita, attirati, come magneti di polo contrario, dal pensiero della polenta calda. Un'altra ora di passi strascicati e finalmente scorgemmo prima alcune sdraio abbandonate, poi l'edificio, poi il fumo profumato di spezie che usciva dal camino del rifugio, poi la scritta Ristorante, poi alcune persone che beatamente si crogiolavano al sole , sulla spianata antistante l'edificio.
E li, la mia mente rattrappita, assestò l'ultimo colpo , il più lieve forse, ma come la proverbiale goccia, quello sufficente a far traboccare il vaso ormai colmo.
Tra le persone scorsi Bruno che spaparanzato su una sdraio si godeva meritati momenti di riposo in attesa del pranzo...
Da lontano gli urlai:” Brunooo, ne ho combinata una delle mie!!!”..mentre parlavo mi avvicinavo...” Abbiamo incontrato una signora ….” la sua sagoma si stagliava netta contro il sole..” ho incominciato a fare lo spiritoso.....” ormai ero a pochi metri e con sgomento mi accorsi che lui non era Bruno... Era il gestore del rifugio... “ ops, mi scusi, Lei assomiglia moltissimo a un mio amico, mi perdoni...” In realtà non era neanche vero, ma trovai solo quella maniera per provare a giustificarmi.
Mi volsi indietro verso Giovanni e sottovoce aggiunsi”Altra Figura di merda gigantesca”
Ormai vinto dalle emozioni della mattina entrai nel ristorante affranto.
Proprio sulla soglia arrivò il primo “raggio di sole” della mattinata. Paola e Pippo erano arrivati all'ultimo momento, contraddicendo il forfet annunciato la sera prima.
La sorpresa fu grande ed immensamente gradita...
Mi sedetti su una panca nell'angolo del locale, circondato dai miei amici ed ex compagni di scuola li convenuti. Attaccai a dire: Sapete cosa mi è capitato stamattina?...” E finalmente sorrisi...


lunedì 9 marzo 2009

Le prime foto della fondo-ciaspolata

Forse non tutte sono paragonabili a quelle di Bruno, ma la piacevolezza del week-end merita di essere ricordata anche con gli scatti "minori"!

Ho anche aggiunto 3 foto che erano rimaste in canna dalla cena dei 30 anni, non perchè siano belle, ma per testimoniare quanti siano i "pelandra" che con scuse banali, o peggio senza dare segno di vita, si sono defilati.
Mi sono ritornate in mente le ore di ginnastica quando con Incorvaia (almeno finchè non gli ho fracassato le costole) i più smidollati si nascondevano penosamente dietro le colonne per non correre!

A presto.
Giovanni