sabato 12 settembre 2009

Influenza suina? Ecco 10 consigli.




Se qualcuno di voi è preoccupato per l’influenza H1N1, detta anche “Porcina” o “Ernestina” dall’animale che l’ha trasmessa all’uomo, ecco alcuni consigli pratici.

  1. Se si è un soggetto a rischio, fottersene. Tanto siete agli sgoccioli.
  2. Evitare, se possibile, ambienti frequentati da ex alunni della quintaeffe.
  3. Non fumare. Il fumo serve solo a peggiorare la situazione. Se vi siete infettati è ammessa un’ultima canna.
  4. In caso di malattia, bere molto Whiskie & Soda per favorire l’espettorazione e reintegrare il buon umore. Fare pasti pantagruelici alla faccia delle inutili diete che vi perseguitano da una vita.
  5. Anche se non ci sono sintomi, riposare a letto quando se ne sente la necessità ed evitare il più possibile di lavorare.
  6. Mantenere l’ambiente caldo e umido, aiutandovi con un bel film a luci rosse.
  7. Una volta contratto il virus, evitare di coprirsi troppo per non ostacolare il lavoro del becchino.
  8. In caso di febbre molto elevata, dolori muscolari o mal di testa fastidiosi, ricorrere solo a ai rimedi e ai consigli di Alberto B., il nostro Guru. A voi non serviranno, ma lui si sentirà finalmente realizzato.
  9. Se la febbre rimane alta per più di una settimana non vi resta che consultare Ernesto. Sarà sua cura alleviare la vostra pena somministrandovi una dose del suo vino ligure DOCG (Denominazione Orinale Criminale Garantita). Il trapasso è assicurato senza la necessità di ulteriori terapie devastanti.
  10. Evitare di assumere una badante.....non fareste in tempo a farle avere il permesso di soggiorno.


In questi casi è meglio un consiglio in più che uno in meno. Attendo i vostri

Massimo



mercoledì 9 settembre 2009

TERRA! Lo sguardo..... di Chiaretta


Vi segnalo la mia seconda performance fotografica!


Ciao a tutti!


Chiar(ett)a



Terra! Lo sguardo fotografico

Spazio per le Arti contemporanee del Broletto, Pavia
10 - 27 settembre 2009

Dopo il successo della mostra Acquatica. L'immagine liquida, ospitata lo scorso aprile presso lo Spazio per le Arti contemporanee del Broletto, i Musei Civici di Pavia hanno deciso di coinvolgere i fotografi del territorio nel progetto Terra!, inserito nel programma del Festival dei Saperi, dedicato al tema L'uomo e la terra.

La tematica è stata affrontata da diversi punti di vista: la terra come pianeta-madre, la terra inaridita e la terra feconda, la terra come materia da plasmare, la terra come scoperta, approdo, porto sicuro… la fotografia quindi come strumento per sognare, con i piedi per terra.

La mostra presenta oltre 70 immagini e coinvolge 25 fotografi: Ilaria Mazzocchi, Luca Bovera, Anna Scovassi, Paola Negro, Paolo Protti, Robert Lynch, Pierino Sacchi, Cristina Priore, Paolo Gelfusa, Gabriele Barba, Giacomo Prando, Francesco Manni, Caterina Laskaris, Raffaele Manni, Angela Macelli, Gianni Mittino, Sergio Brera, Emanuela Leoni, Federico Filipponi, Davide Ferro, Mauro Possi, Cristina De Lucchi, Simona Venditti, Chiaretta Albertini, Rossana Schiavo.

Aprirà questa suggestiva selezione di immagini la mostra fotografica Terre del Po, a cura del Circuito delle città d'arte della Pianura Padana.

L'esposizione sarà anche l'occasione per vedere il film-documentario Home. La nostra Terra, realizzato dal fotografo, giornalista e ambientalista francese Yann Arthus-Bertrand e co-prodotto da Elzévir Films e EuropaCorp, compagnia di Luc Besson.

La mostra sarà inaugurata il giorno 10 settembre alle ore 20
e rimarrà aperta fino al 27 settembre con i seguenti orari: da martedì a domenica dalle 16 alle 20.

Per informazioni rivolgersi a:

Francesca Porreca - Gigliola De Martini
Castello Visconteo di Pavia
Viale XI febbraio 35 - Pavia
Tel. 0382.33853Mail: fporreca@comune.pv.it - gdemartini@comune.pv.it


Segnalo anche l'indirizzo del Festival dei Saperi:



giovedì 28 maggio 2009

Amarcord di Fabrizio

Reduce da alcuni compleanni di amici coetanei, scrivo con un po’ di nostalgia sul nostro blog. Ci ho messo due mesi a scrivere un post, vi mando alcuni ricordi, spero di non fare confusione.

Volevo essere della partita il giorno della ciaspolata, ma per impegni di lavoro non sono riuscito a esserci, l’8 Marzo ero a 8.000 km di distanza, comunque ho provato a fare da apripista la settimana prima (per Gio, ho anche le foto che lo dimostrano…). Alcuni flash come amarcord:

* Le disfide di calcio, con la maglia VIOLA in spregio alla sfiga, con Ivano Mus. grande sorpresa mediano, Claudio Cap. che era un trottolino incredibile, il duo dei Massimi (Massimo Cel. mezzala a sorpresa, il “Roccioso” Massimo C., che cercava di fare il leale perché era anche arbitro federale ma era il più scorretto di tutti e si incazzava sempre con tutti) ed il portiere, il grande ed irripetibile Attilio, e last but not least la persona più fallosa di tutti i tempi, il grande Ivan. (domanda: Franz ha mai giocato a calcio nella squadra?).
* “uno di noi” (credo Ern. S.) era uso dire che il caldo aiutava a sciogliere quanto abbiamo in eccesso in corpo e quindi aiutava a dimagrire, il tutto tra una brioche e l’altra, pucciate nella cioccolata della macchinetta della scuola, ed il tutto finiva sulla barba.
* Aldone che uscendo da casa di Gio mentre preparavamo la maturità, nell’accendere la 128 (verde?) si chiedeva come “ca..o faceva il motore a essere freddo con il caldo che c’era” (era l’anno in cui a Wimbledon l’erba era gialla, mai successo, per la siccità, e Bjorn Borg imperversava con il rovescio a due mani contro Connors, e tutti guardavamo le mises e sotto mises della Evert)
* Le stilografiche verdi e blu della Waterman di Aldo
* La pazienza di Dora, Paola, Chiaretta ,Carlotta, Daniela e Claudia, penso che siano state delle sante a sopportarci.
* Marco G, in erba, mieteva vittime ai concerti della scuola, e durante le lezioni non si toglieva l’eskimo neanche in Estate, per otto ore di seguito, con la borsa sempre a tracolla; forse ha sempre avuto ragione lui….:-).
* Gaetano, pittore “naif” in erba (ai tempi era di moda), che si firmava “GAE”, ma che fine hanno fatto i tuoi quadri?
* Il preside Poidimani sudato (ve lo ricordate) che faceva entrare i ritardatari a pedate dall’ingresso, e poi il preside con gli occhiali (non mi ricordo il nome) che, a fronte di qualcuno, non di noi, che aveva messo le bombe alla scuola ebraica, diceva che in fondo erano bravi ragazzi.
* Giuseppe C. che si girava i gomiti ed i polsi (ce la fai ancora con l’artrosi?)
* Le diatribe con il prof di religione di Paolo, discussioni interminabili…
* In seconda, la Elisabetta B. aveva fatto la pasta per la pizza con la farina sulla cattedra, e si era incollata, solidificata ed è diventato tutt’uno con il piano, tant’è che in quinta era ancora lì incollata.
* I finti funerali di Massimo C. celebrati dal Marco V.
* Alcune professoresse, nel bene (matematica e storia dell’arte, italiano in terza e quarta, per motivi diversi) e nel male (latino ed italiano(?) ultimo anno, più altri campioni che avrebbero fatto felice Brunetta a sostegno della sua tesi)

Ora, vedo mia figlia, che ha fatto la maturità l’anno scorso, e ho visto che hanno passato anche loro 5 anni stupendi, si sono divertiti, e sono uniti anche dopo un anno di università, e di ciò sono contento. Spero che proseguano e non si perdano di vista. A presto…

(p.s. il Barça ha segnato or ora il secondo gol…)

venerdì 1 maggio 2009

E dopo quella di Chiaretta...la mostra di Bruno

5D
Dal 17 maggio al 7 giugno


Non è facile presentare le opere di Bruno.
Bruno è curioso. Dalla curiosità si è fatto guidare nella musica, nel suo rapporto con la natura, nell’amore per le rampicate, per il vino, per la letteratura.
La stessa curiosità, intima e appassionata, lo guida anche nel suo viaggio nella fotografia.
Nel mondo degli uomini e della natura che li circonda.
Cogliere l’attimo, l’impercettibile sfumatura prima che l’immagine.
Essere in quel posto, in quel momento, vivere la luce di quel preciso istante, catturarne perfino i profumi, i silenzi, parlare di quelli, prima di tutto.
Fotografare sensazioni?
Baba Yaga vi offre una degustazione del linguaggio per immagini di Bruno.
Immagini che parlano a tutti i sensi.
L’odore d’acqua ferma di alcuni angoli veneziani, il freddo delle montagne incantate, il vento che carezza l’erba.
Non accontentatevi di questo prezioso assaggio.

Guido Cavazzuti

Fatevi un giro nel suo mondo, se anche voi, come lui, siete curiosi:

www.brunomariamphotography.com

www.dcmag.co.uk (Galleria immagini: Brunomaria)


Recensione tratta dal sito del pub

Baba Yaga

Via Lazzaretto (presso campo sportivo comunale)
20064 - Vignate

http://www.baba-yaga.it


martedì 28 aprile 2009

Chiaretta...in bella Mostra!


Beh, questa e' una delle cose piu' divertenti che mi siano capitate nella vita...
Comunque, di foto mie ce n'e' una sola.
Ciao!
Chiaretta





ACQUATICA. L’immagine liquida

Mostra organizzata da Comune di Pavia – Settore Cultura
Con il sostegno e il contributo di Coop Lombardia
Sede Spazio per le Arti Contemporanee del Broletto, Piazza della Vittoria, Pavia
Date 30 aprile – 10 maggio 2009
Inaugurazione Mercoledì 29 aprile ore 18, con videoproiezione di immagini di Pierino Sacchi e intervento musicale a cura di Roberto Aglieri, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Studi Musicali “F. Vittadini” e CESMEE

Orari di apertura da lunedì a venerdì 16.30 – 19.30 ; sabato e domenica 10 – 12.30 / 16.30 – 19.30.
Ingresso libero

In occasione del Festival del Paesaggio L’anima dei Luoghi. Tra acque e terra (in programma dal 18 aprile al 3 maggio 2009) il Settore Cultura del Comune di Pavia ha organizzato, presso lo Spazio per le Arti contemporanee del Broletto, la mostra fotografica Acquatica. L’immagine liquida, invitando i numerosi fotografi del territorio a presentare i loro progetti e a confrontarsi su una tematica affascinante e complessa per le sue molteplici sfaccettature.

L’acqua come fonte di vita, l’acqua oggetto del desiderio, l’acqua come bisogno primario, l’acqua intesa nella fluidità della forma, nei mille riflessi, nel trascorrere delle stagioni. L’acqua come metafora dell’essenza della fotografia, immagine liquida, mutevole a seconda del momento e dello sguardo, pronta a dispiegarsi sulle superfici più diverse.

L’esposizione presenta circa 100 immagini, articolate in quattro aree tematiche:
- Diva Aqua: mitologia, simbologia e spiritualità dell’acqua
- La forma dell’acqua: astrazione, riflessi e colore come caratteri espressivi della proprietà dell’acqua di cambiare forma e aspetto a seconda del contenitore e delle diverse situazioni di luce
- Waterworld: fotografie del mondo/fotografie dal mondo
- Le stagioni dell’acqua: primavera, estate, autunno, inverno, le stagioni dell’acqua sono testimonianza anche dei diversi passaggi di stato che l’elemento subisce.

I trenta artisti che hanno aderito al progetto e sono stati selezionati per la mostra sono: Chiaretta Albertini, Marta Bacigalupo, Beatrice Barnabà, Stefano Basiricò, Claudia Bertoli, Luca Bovera, Guido Camera, Paolo Coianiz, Sara Cortesi, Marco Destro, Gabriele Duci, Andrea Favatella, Davide Ferro, Federico Filipponi, Alessandra Fuccillo, Massimilano Gatti e Paolo Monti, Giulio Merli, Simone Merli, Paola Negro, Sergio Pallaroni, Mauro Possi, Paolo Protti, Padre Costantino Ruggeri, Pierino Sacchi, Rossana Schiavo, Franco Torriani, Roberta Valle, Vittorio Valle, Simona Venditti, Lucia Zaietta: tra loro, fotografi per passione e fotografi di professione, alcuni con maggiore esperienza, altri ai primi appuntamenti espositivi, ma tutti accomunati da una speciale attitudine ad interpretare la bellezza celata nelle piccole cose.

Il percorso di mostra si conclude e si completa con l’esposizione Le tante acque del fiume azzurro. Le forme del paesaggio d’acqua, progetto fotografico a cura dell’Associazione del Parco del Ticino.

Per informazioni:
Francesca Porreca c/o Castello Visconteo di Pavia
Viale XI febbraio 35 – Pavia; Tel. 0382.33853 Mail Fporreca@comune.pv.it

venerdì 13 marzo 2009

ALTA QUOTA

Racconto di Ernesto

Dove i ricordi non sono bastati, ho fatto ricorso alla fantasia; ho smesso di raccontare quando la fantasia è mancata. In fondo certe storie è meglio viverle.... e basta!
Ernesto


Giustificazione:

Cinque chilometri sono tanti. Se poi si fanno con gli sci da fondo ai piedi, in salita, trascinando penosamente le gambe, in una comica imitazione dell'elegante gesto alternato di chi è tecnicamente preparato, allora diventano troppi. Se ci aggiungiamo i 15 kg di peso in più che abbiamo sulle spalle, meglio sarebbe dire sopra le palle, giusto all'altezza dell'ombelico, plasticamente sagomati a campana, in quel l' ingombrante rotolo di trippa che ormai ci circonda la vita, allora si trasformano in supplizio. Se hai la sfiga di trovare una giornata spendidamente soleggiata ma perversamente ventosa, con raffiche violente e rigorosamente contrarie alla direzione prevista, come se qualche sadica divinità si stesse divertendo a soffiarci contro i suoi respiri, giusto per godere dei nostri affanni, allora quei chilometri diventano un incubo. Cosi, passo dopo passo, il respiro si accorcia, la fame di ossigeno aumenta, la gola brucia, il sapore dolciastro dei capillari rotti ti scivola sulla lingua, la vista si fa meno nitida, i pensieri e le frasi escono dalla mente senza virgole , ma con abbondanza di puntini di sospensione tra una parola e l'altra...

Misfatto:

A dir la verità non avremmo dovuto usare gli sci , ma le ciaspole, termine sentito da me per la prima volta 10 giorni fa, quando qualcuno di noi propose la gita sulla neve. Ma visto che la pattuglia degli impavidi cinquantenni convenuta nella val Ferret, si era ridotta, a forza di defezioni dell'ultima ora, a soli 5 persone, decidemmo tutti insieme di noleggiare quei lunghi strumenti di tortura.
Alle 9,30-10,00 eravamo tutti schierati all'inizio della pista, Lella, Bruno, Giovanni, Massimo ed io, già pregustando il piacere della abboffata di polenta e carbonada, una volta arrivati al rifugio-ristorante, e della consequenziale pennica al sole, sbragati sulle sdraio.
Tre minuti dopo, Lella velocissima, con la sua tecnica di pattinaggio di una naturalezza sconcertante, già si confondeva in fondo alla valle con le ombre degli alberi. E' un piacere vederla sciare. Estetica ed eleganza accompagnate dal sorriso sempre presente sul suo volto.
Bruno ogni cento passi si fermava , rapito dalla visione di un'ombra sulla neve, dal riflesso del sole sull'acqua del torrentello, dalla baita dei sogni sepolta sotto una trapunta bianca: si era portato dietro , infilata nello zaino, la mitica Canon, e le soste erano altrettante serie di scatti.
Massimo ed io arrancavamo dietro, ognuno nella propria corsia di binari, ognuno concentrato nel non cadere.
Si avanzava di un metro, e contemporaneamente le raffiche ci facevano arretrare di due spanne.
Giovanni era combattuto. Almeno io percepii che lo fosse. Avrebbe potuto, probabilmente voluto, tranquillamente pattinare via, visto che la sua tecnica glielo permette.
Invece, molto carinamente, per quei primi tratti, ci accompagnava tranquillo, senza sforzo apparente, affiancandoci nel tragitto.
Con la coda dell'occhio, vedevo Massimo che si muoveva con la grazia e la elasticità di un manichino caricato a molla, con scatti rigidi come fosse un robot , avanzando ora la destra ora la sinistra, impossibilitato, dalla abbondanza del girovita e da un fantomatico dolore al ginocchio, ad armonizzare il gesto.
Io non ero migliore, anzi, essendo più basso, sembravo la controfigura di beppe la talpa , dei fumetti di lupo alberto.
Dopo un'ora di questo dramma, percorsi forse neppure due chilometri, ero già in estasi: il fiato corto mi aveva mandato in iperventilazione, il vento mi aveva congelato le orecchie, gli occhiali appannati non mi permettevano di discernere oltre la punta degli sci, il freddo aveva trasformato la fontina filante del toast della colazione in un blocco compatto che sentivo galleggiava nel mio stomaco.
Non da meno , lo sguardo di Massimo era perso nel vuoto , verso l'alto della valle, cercando speranzoso di riconoscere la sagoma cubica del rifugio-ristorante.
Giovanni, sempre al nostro fianco, tratteneva a stento le risate nel vedere le movenze di questi due esseri, un tempo stimati compagni di banco.
Proprio allora ci accorgemmo che un'ombra minuta , a passi brevi e rallentati, silenziosamente si avvicinava dietro di noi.
Proprio allora le corsie, i binari , piegavano verso sinistra, in una leggera curva.
Proprio allora, Massimo nel tentativo di spostarsi per fare passare quella sagoma che ormai ci aveva raggiunto, cadde di lato. Le gambe allungate sulla pista , come una sbarra di un passaggio a livello, impedivano a questa persona di proseguire. Capii di avere davanti una donna , ma il sole alle sue spalle mi impediva di scorgerne il volto...
Proprio allora la mia mente rattrappita, giusto per fare il brillante, partorì in rapida successione una serie di stronzate, che la mia lingua e il miei polmoni sparsero per la valle, concretizzandole in una delle più grottesche e imbarazzanti conversazioni che io ricordi:
=”Massimooo, attentooo” dissi quasi urlando, ma con intento canzonatorio e volutamente ridanciano – “fai passare la signorina....”; poi rivolto alla donna, che si era fermata a pochi passi, --” lo scusi, sa, lo fa apposta, ci prova in continuazione, fa cosi con tutte “... Vidi Massimo che sogghignava da sdraiato, subendo il fatto di essere stato messo di mezzo.
E lei, rivolgendosi a Massimo: “ si è fatto male?.. vuole che l'aiuti?”.
Poi, in una frazione di secondo, la scena cambiò.
Volgendomi verso di lei, quasi torcendomi all'indietro, riuscii a vederla bene in viso. Mi accorsi con imbarazzo che la signorina in realtà era una attempata signora di almeno 70 anni..!!! Piccolina, magra, ossuta, il viso segnato dall'età. “Abbordata da un idiota........gerontofilo” avrà pensato .
L'imbarazzo si trasformò in panico quando lei continuò, rivolta a tutti noi : “ Sapete oggi è una giornata particolare per me. Mio marito è morto da poco. Venivamo sempre qui , in valle a sciare. Ho portato le sue ceneri, perchè le voglio spargere lungo la pista. Così saremo ancora insieme.”
“ Oh, signora, mi scusi, non volevo fare lo spiritoso in un momento cosi infelice per lei. Mi perdoni, sono stato inopportuno...”
“ non si preoccupi , Lei non poteva saperlo”
Proprio allora la mia mente rattrappita, imperterrita, giusto per rimediare la grama figura di alcuni istanti prima, riuscì a partorire un'altra stronzata colossale.
Come un elefante col morbo di parkinson immerso nelle sabbie mobili, persi l'occasione di non far nulla, glissando il momento.
Cosi, continuando ad affondare: “Ma signora, vede; suo marito E' qui. E' qui con noi!. Vede la, quell' albero? Ecco suo marito è dietro quell'albero, è dentro quegli altri alberi laggiù, è tutto intorno a noi. E ' nei suoi pensieri e nei suoi ricordi !!”
: “ si, forse , ma è crudele; La vita è crudele” e dicendo questo , si rimise in marcia, abbandonandoci un po interdetti, tornando a percorrere, lungo quella pista bianca, il proprio calvario.
Dopo attimi di silenzio, sconsolato, mi rivolsi a Giovanni: “ ........che figura di mmerda...!!!”
Massimo era piegato, scosso dalle risate.
Giovanni mi guardava inebetito, in silenzio, sicuramente pensando: “ma sei scemooo, ma che cazzo ti è venuto in mente di dire ?”
Invece, riuscì a chiedermi, senza sghignazzare, quasi a voler mitigare il mio imbarazzo: “ com' è che era quella cosa degli alberi?”
Abbassai la testa soppraffatto dalla vergogna
Dopo alcuni secondi di assestamento, tutti noi tre rincominciammo a faticare in salita, attirati, come magneti di polo contrario, dal pensiero della polenta calda. Un'altra ora di passi strascicati e finalmente scorgemmo prima alcune sdraio abbandonate, poi l'edificio, poi il fumo profumato di spezie che usciva dal camino del rifugio, poi la scritta Ristorante, poi alcune persone che beatamente si crogiolavano al sole , sulla spianata antistante l'edificio.
E li, la mia mente rattrappita, assestò l'ultimo colpo , il più lieve forse, ma come la proverbiale goccia, quello sufficente a far traboccare il vaso ormai colmo.
Tra le persone scorsi Bruno che spaparanzato su una sdraio si godeva meritati momenti di riposo in attesa del pranzo...
Da lontano gli urlai:” Brunooo, ne ho combinata una delle mie!!!”..mentre parlavo mi avvicinavo...” Abbiamo incontrato una signora ….” la sua sagoma si stagliava netta contro il sole..” ho incominciato a fare lo spiritoso.....” ormai ero a pochi metri e con sgomento mi accorsi che lui non era Bruno... Era il gestore del rifugio... “ ops, mi scusi, Lei assomiglia moltissimo a un mio amico, mi perdoni...” In realtà non era neanche vero, ma trovai solo quella maniera per provare a giustificarmi.
Mi volsi indietro verso Giovanni e sottovoce aggiunsi”Altra Figura di merda gigantesca”
Ormai vinto dalle emozioni della mattina entrai nel ristorante affranto.
Proprio sulla soglia arrivò il primo “raggio di sole” della mattinata. Paola e Pippo erano arrivati all'ultimo momento, contraddicendo il forfet annunciato la sera prima.
La sorpresa fu grande ed immensamente gradita...
Mi sedetti su una panca nell'angolo del locale, circondato dai miei amici ed ex compagni di scuola li convenuti. Attaccai a dire: Sapete cosa mi è capitato stamattina?...” E finalmente sorrisi...


lunedì 9 marzo 2009

Le prime foto della fondo-ciaspolata

Forse non tutte sono paragonabili a quelle di Bruno, ma la piacevolezza del week-end merita di essere ricordata anche con gli scatti "minori"!

Ho anche aggiunto 3 foto che erano rimaste in canna dalla cena dei 30 anni, non perchè siano belle, ma per testimoniare quanti siano i "pelandra" che con scuse banali, o peggio senza dare segno di vita, si sono defilati.
Mi sono ritornate in mente le ore di ginnastica quando con Incorvaia (almeno finchè non gli ho fracassato le costole) i più smidollati si nascondevano penosamente dietro le colonne per non correre!

A presto.
Giovanni


martedì 3 febbraio 2009

Ciaspolata a Cogne o dintorni


Ehilà gente, eccomi qua !

Chiedo venia per la lunghissima assenza….vediamo quindi di recuperare e mantenere fede agli impegni verbali presi con Pippo e Paola prima di Natale in quel di Porta Genova , passati regolarmente nel dimenticatoio (non Pippo e Paola…. gli impegni, ovviamente)
Allora: per la Val di Cogne avevo una mezza idea ( ciaspolata notturna con cena in baita nel bosco ).
Pro: atmosfera fantastica in qualunque condizione atmosferica, fascino del muoversi in ambiente boschivo di notte, etc. )
Contro: necessità di pernottare a Cogne almeno 1 notte, difficoltà organizzative (la baita in questione viene aperta solo su richiesta e con un minimo di partecipanti, alto rischio di congestione post-gozzoviglio durante l’ora e mezza necessaria al ritorno in paese, scarsa possibilità di gestire la fissazione di una data in modo flessibile (prenotazione baita, albergo, noleggio ciaspole ), costi generali più elevati.
Una validissima alternativa, molto più economica e sicuramente meno vincolante , potrebbe essere una puntata in giornata al cospetto del Monte Bianco in quel della Val Ferret.
Oltre ad offrire uno degli scenari più entusiasmanti delle Alpi Occidentali, consente di muoversi senza soverchia fatica in direzione di due Rifugetti posti nel fondovalle con ogni mezzo possible diverso dall’automobile, ovviamente (sci da fondo, ciaspole, scarponi, e al limite anche infradito per veri uomini …c’è un vero e proprio sentiero battuto che corre parallelamente alle piste di fondo ).
All’esterno dei Rifugetti, è possible sollazzarsi consumando generi alimentari tipici (polenta e salsicce, polenta e funghi, polenta salsicce e funghi, salsicce funghi e polenta, polenta polenta e polenta, e via dicendo….le torte della casa sono eccellenti, la grappa non manca di sicuro )
Pro: si può gestire in maniera elastica il discorso date anche in funzione delle previsioni atmosferiche, scenario FANTASTICO, costi limitati, divertimento assicurato, tintarella pure.
Contro: altamente sconsigliato la domenica per questioni di affollamento (ma quale posto non lo è ? ), obbligo di levataccia (bisogna raggiungere la valle entro le 9.00, pena l’obbligo di dovere utilizzare alla navetta dal villagio di Entreves per raggiungere il punto di partenza della gita…assolutamente sconsigliato….morale, bisogna partire da Milano alle 6.30 e non oltre).
Allora, settimana di carnevale esclusa, almeno per quanto mi riguarda, ogni data da qui a fine marzo per me può andare bene.
Resto aperto ad entrambe le possibilità, fatemi sapere….mi permetto di suggerire fin d’ora una data, se no finisce che la tiriamo troppo lunga: uno degli ultimi due week-end del mese in corso (febbraio, se ben ricordo)
Vedrò di visitare il blog più frequentemente, per restare aggiornato in merito alle eventuali adesioni.

Ultima cosa (anzi penultima ): complimenti a Ernesto per la lucidità e il piglio letterario con cui ha narrato le disavventure della notte sotto i fulmini, veramente grande!

Ultima: ho arrangiato alla meno peggio il mio sito fotografico (non quello indicato precedentemente da Massimo, che ringrazio ancora, ma uno assolutamente personale…è ancora in via di costruzione, ma il tempo a disposizione è così scarso che non credo di poterlo implementare a breve con qualche ideuzza che mi frulla per il cervello e soprattutto nuove foto…ogni eventuale visita è gradita fin da ora….questo è l’indirizzo web:

www.brunomariamphotography.com

messaggio per Paolo: Maria è il mio secondo nome.
Resto in attesa di Vs nuove…. e grazie per l’attenzione !
A presto !!
Bruno

lunedì 12 gennaio 2009

La Storia vista da noi....


Quando Rosario Villari, insigne storico e attuale professore emerito dell'Università di Roma "La Sapienza" nonchè socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, scrisse nel 1969 il notissimo manuale per le scuole medie superiori "Storia Moderna", non pensava certamente all'uso che ne avrebbe fatto la Quinta Effe.

Direttamente dall'archivio storico di Paolo ecco alcune pagine ormai ingiallite di quel manuale che testimoniano la nostra passione per la storia e per i suoi insegnamenti.

Una curiosità: si scrive P.P.D. ma si legge...P.D. ?



Grazie Paolo e grazie anche al Professor Villari.

















sabato 3 gennaio 2009

I miei ricordi di una notte da incubo.....



Spero che Paolo e Bruno apprezzeranno queste poche righe...

le scrissi una 15na di anni fa... ma per pudore non ho mai avuto l'ardire di tirarle fuori dal cassetto dove erano rinchiuse.

Ora che ho 50 anni e non mi tira più , fanculo, chi se ne fotte....hahahaha..

A presto

Ernesto


Punta Ala


Ci avevano detto che il tempo, in generale, nella piana di Follonica era ottimo durante il mese di agosto. Ed in particolare, che non pioveva intorno a ferragosto ormai da 15 anni;
Cosi quando Bruno Paolo ed io decidemmo di incamminarci dalla pineta del nostro campeggio, per arrivare a Punta Ala,dove era in vacanza Cristina,la ragazza di Bruno, non ci preoccupammo di portare grandi attrezzature;
Solo i nostri stracci-indumenti, la canadese a due posti,ma che doveva contenerci tutti e tre, (all'epoca eravamo tutti molto più magri), ed uno zaino ciascuno, con il necessario per sopravvivere i quattro giorni che ci eravamo prefissi di trascorrere lontano dagli altri della compagnia.
Eravamo allegri, certi di poter superare senza affanni eccessivi, forti dei nostri 18 anni, i 40 km che ci separavano dalla roulotte dei genitori di Cristina,che ci aspettava più a sud.
Il sorriso e le battute spontanee e continue dei primi minuti, a poco a poco lasciarono il posto ad una più attenta e parsimoniosa gestione del respiro.
Camminando ai bordi della superstrada costiera, le auto veloci che ci passavano a fianco, sollevavano nuvole di odori di benzina disgustosi.
A poco a poco ognuno di noi prese a camminare in silenzio, come se quel percorso fosse un viaggio solitario rotto solo da quegli sguardi di complicità che ogni 100 mt ci scambiavamo, come per dirci" ce la facciamo".
Arrivati al bivio per la costa, li dove la strada piega verso l'interno, ormai i nostri sguardi erano persi nel vuoto, vinti dalla fatica del cammino; mancavano ancora 30 km ed erano già le 11 del mattino.
Il caldo stava facendo liquefare ogni nostra tenacia, ed ormai aveva vinto, appassendo ogni nostra allegria.
Vigliaccamente chiedemmo un passaggio ad un'autista compassionevole che proseguiva per Punta Ala.
In macchina, con i muscoli delle gambe finalmente rilassati, ritrovammo la voglia di parlarci e di glorificare la mancata impresa che ci eravamo prefissati.
Non ci fu bisogno di dichiararlo, ma il tacito accordo di non raccontare come in realtà fossimo riusciti ad arrivare alla meta, ci balenò contemporaneamente negli occhi, come una scintilla sottile, una piccola piega complice agli angoli degli occhi, il lembo delle labbra piegate leggermente verso il basso, ad accennare un sorriso beffardo.
Cosi gonfi di gloria non meritata, ci presentammo al cospetto di Cristina e dei suoi genitori piacevolmente sorpresi di vederci ancora in ottima forma nonostante la fatica. Nel campeggio non c'era più posto, così dovemmo arrangiarci a montare la tenda nella pineta attigua, esattamente ai margini di un piccolo spazio spoglio, quasi una radura.
La nostra tenda era veramente minuscola, con solo due paletti alti poco più di 50 cm a far da struttura portante.
La tensione del tessuto e la resistenza delle cuciture dovevano garantire la tenuta al tiro delle cordicelle sui paletti di ancoraggio.
Ma questo lottare tra destra e sinistra della stoffa di cotone, aveva ormai prodotto i suoi effetti.
Sdraiati col naso all'insù dentro quella che da lontano sembrava una enorme cioccolata triangolare della Pernigotti, ognuno dal proprio osservatorio personale, ognuno col proprio buco, ognuno dalla propria camera con vista, potevamo tranquillamente seguire per lunghi tratti il volo dei gabbiani alti sull'acqua.

Ma che importava? Tanto a Follonica non piove mai!!

Alle tre di notte, Bruno che ha sempre avuto un sonno leggero, ci svegliò: borbottii e rimbombi lontani, strani chiarori e luci diffuse si stavano intensificando.
Lui già da un pezzo,insonne, li ascoltava.
La banda musicale che lentamente a passo di marcia ti avvisa del suo arrivo, prima sommessamente, con sprazzi di note inframmezzate dal silenzio del vento che porta via la melodia, poi sempre più forti, rimarcate dalle battute della grancassa che costringeil tuo stomaco a digerire quanto del cibo ancora integro, cosi il temporale in arrivo annunciava la propria venuta.

Non ci fu prologo ne overture. Non appena azzardammo il naso fuori dalla cerniera lampo del nostro rifugio, un flash immenso si abbattè a pochi metri da noi, accompagnato dal più colossale boato che io ricordi di aver udito e seguito a pochi millesimi di distanza da tre urla all'unisono e tre imprecazioni e relative bestemmie in varie tonalità.
Immediatamente dopo, ma parlo di istanti,ci trovammo letteralmente sommersi, completamente fradici sotto una spanna d'acqua.
I fori nella tela che ci faceva da tetto, e che nella ubriacatura dell'inizio del sonno ci avevano permesso di socchiudere gli occhi col ricordo di un bel color turchese, quei fori ora erano diventati sadici imbuti che convogliavano litri di pioggia proprio dentro i nostri miseri averi.
Con affanno, quasi con angoscia, urlandoci ordini contraddittori l'un l'altro, a squarciagola per coprire il frastuono raccogliemmo quanto più ci riuscì di afferrare nel buio assoluto;
Cioè nulla tranne quello che avevamo addosso: il nostro sacco a pelo.
Come fantasmi svolazzanti nella notte, come vampiri coperti dal loro mantello, incominciammo a correre nel buio cercando di raggiungere nel più breve tempo possibile la roulotte di Cristina.
Eravamo sotto un bombardamento. I lampi dei fulmini ci cadevano a pochi metri, o per lo meno così ci sembrava.
Il colpo di maglio dei tuoni che li seguivano ci facevano sobbalzare ancor di più.
I primi non potevamo prevederli, i secondi erano da loro annunciati ma nonostante questa tensione, i nostri timpani e le nostre viscere non riuscivano a prepararsi adeguatamente.
Eravamo terrorizzati.
Il nostro panico raggiunse vertici inimmaginabili quando ci rendemmo conto che l'unico modo per raggiungere la roulotte di Cristina, a quell'ora di notte, con tutti i cancelli chiusi era attraverso al spiaggia.
E sulla spiaggia, illuminate a giorno dalle luci psichedeliche dei lampi, stavano immobili ed inerti una trentina di barche a vela, coi loro alberi fieri di metallo luccicante, ma cosi simili a tanti parafulmini che scaricavano direttamente nella sabbia.
E tra quella sabbia dovevamo passare noi, praticamente a piedi scalzi.
Non avevamo scelta. Continuammo a correre tra le dune;
Nel modo più goffo e inutile che si possa immaginare,ad ogni lampo che arrivava, qualcuno di noi urlava "..Giuuuuu..." e tutti e tre ci lanciavamo in un tuffo plastico, allungato forse dalla portanza del mantello, atterrando sulla pancia con le braccia aperte a croce, contemporaneamente al botto del tuono, quasi fossimo stati noi a provocarlo.
Che importa se l'ipotetico fulmine,(che ci poteva colpire), se ci avesse colpito, lo avrebbe fatto comunque prima, prima che l'intenzione e il comando di lanciarsi in volo fosse partito dalle sinapsi del nostro cervello, prima che quell'ordine istintivo avesse avuto modo di compiersi;
Nonostante l'inutilità del gesto, continuammo a cadere ed a rialzarci, a scendere ed a risalire rispetto alla sabbia come il collo delle oche curiose che starnazzano sull'aia.
C'era acqua dappertutto: sopra di noi il diluvio, quasi un muro liquido, frazionato in gocce dure che colpendoci facevano quasi male; a destra il mare, stranamente calmissimo, quasi immobile, ma butterato da infiniti crateri che l'energia della pioggia provocava sulla suasuperficie di vetro: sembrava una enorme e grottesca grattugia per formaggio piatta.
Sotto di noi il fango, quello strano miscuglio di polvere di sabbia e pioggia, che non faceva in tempo a filtrare e percolare via, accumulandosi nei piccoli e frequenti
avvallamenti e buche della superficie dell'arenile, per contrasto compatta e resa poco cedevole da tutta quella umidità.
Su di noi, completamente zuppi, ancora acqua. Acqua dentro i nostri capelli, impregnata nei nostri vestiti che ora, anche se estivi, pesavano tantissimo.
Dentro di noi acqua: annacquava la nostra volontà, sommergeva, facendola affogare, la nostra capacità di agire.
Tutto intorno a noi lampi, flash, spicchi di luce in continuazione; tenevano a braccettoboati immensi, un terremoto di suoni cupi, una mitragliata di tuoni:una folla di sensazioni visive ed uditive;
Ma eravamo soli.
Ebbi paura; ma veramente paura di non arrivare alla fine di quei 200 mt di spiaggia.
Credo che la stessa paura la provassero i miei compagni di avventura;
In quegli attimi ciascuno di noi divenne consapevole di essere solo, di essere unico, di pensare alla propria essenza con sano egoismo.
Nello stesso tempo, quale contrappunto, stavamo provando, insieme, la sensazione di essere uniti da ciò che stavamo vivendo.
In quegli attimi eravamo una sola cosa, quasi una blasfema trasposizione divina.
Nei brevissimi istanti di luce accecante dei lampi, i nostri occhi si cercavano.
Quante volte, pur nell'angoscia di quei momenti e di quella corsa, ciascuno di noi attese preoccupato, porgendo la mano, tendendo aiuto, il ritardo degli altri, e che dopo pochi passi, diventava il proprio!.
Quante volte, volgendo lo sguardo indietro, domandavamo con la piega degli occhi " come va?".
E nei brevissimi istanti di quella luce, i nostri occhi si trovavano.
Forse allora capimmo..
Perchè da quella notte tra noi ed in noi qualcosa cambiò.

Se è vero che le persone sono isole di arcipelago separate l'un l'altro da bracci di mare;
Se è vero che l'unico modo di "sbarcare" su un altro atollo è quello di condividere emozioni;
Se è vero che è proprio il ricordo di quelle emozioni, l'unica cosa che ci fa ricordare la rotta, l'unica cosa che ci fa venir voglia di " navigare".
Allora quella notte noi gettammo un ponte tra le nostre esistenze solitarie;
Allora quella notte fummo consapevoli di aver marcato con una crocetta sulla carta nautica dei nostri affetti, l'esatta posizione di quelle due isole cosi vicine, ma nella nebbia della vita, così invisibili.

Allora, da quella notte, capii di non essere più solo.